Chiara Audenino, scrittrice lo è diventata per passione. Nasce il 1 gennaio del 1973, e da oltre 20 anni svolge a Torino la professione di Consulente del Lavoro. Usa l’ironia e la leggerezza per far arrivare le emozioni e trae spunti quotidiani per scrivere dal dialogo continuo con i suoi figli che vedono la vita con gli occhi della loro età esprimendo, a modo loro, personali punti di vista. Il suo sogno, a questo realizzato, era di pubblicare una storia per bambini che possa fare il giro del mondo e che si possa ricordare nel tempo. “Racconti di bambini maleducati” è il titolo della sua collana d’esordio di libri per bambini, pubblicata da Letteratura Alternativa Edizioni una Casa Editrice giovane e dinamica, fondata dall’astigiana Romina Tondo. Chiara, dopo aver pubblicato “Jack La Parolaccia” e “Vera la Mongolfiera”, arriva oggi nelle librerie con il terzo libro dal titolo “Rino Cazzottino”. Per tutti i titoli ha scelto di utilizzare il font inclusivo EasyReading.
Che tipo di formazione serve per scrivere “Racconti di bambini maleducati”?
«Sono una consulente del lavoro e sono una mamma di tre figli con la passione per la scrittura. Non sono quindi né una psicologa, né una maestra, ma sono un’attenta osservatrice. La mia formazione è classica, ma per scrivere questi racconti l’ingrediente principale che ho utilizzato è stato quello emotivo. Ho deciso di rivolgermi ai bimbi della scuola primaria perché alle medie è troppo tardi! Nei cinque anni della scuola primaria i bimbi sono come “creta” si possono modificare, dopo diventa tutto più difficile. Si sono già fatti un’impronta e se è quella sbagliata non va bene».
Quanto del suo ruolo come consulente del lavoro c’è tra queste pagine?
«Un consulente del lavoro mette in pratica la normativa vigente, fa rispettare le regole, cerca di consigliare le strade giuste da seguire. Questa ricerca della rigorosità, unita alla necessità di trovare giuste soluzioni, che è insita nel mio ruolo di professionista, la ritrovo in parte nei racconti. C’è però molto di più, compreso il mio lato materno che insegna ai figli il rispetto del prossimo. Comprendere le motivazioni che spingono a certi atteggiamenti sbagliati, schierarsi dalla parte dei più deboli e non dei bulli per arginare chi si comporta male: questo è il ruolo di madre che emerge nelle mie storie».
Siamo abituati ad affrontare certi argomenti partendo dalla vittima e non dal suo persecutore. Perché questa scelta?
«Nei racconti di bambini maleducati do voce sia alle vittime che ai bulli. Spesso il loro pensiero è diverso da quello che uno si aspetterebbe e da quello che dimostra agli altri. Dietro ad un bullo c’è sempre un disagio ed è proprio questo che va ricercato. Il ruolo della vittima deve unirsi a quello di chi osserva i soprusi ripetuti, è questa la profonda differenza a livello sociale che deve avvenire. Il comportamento degli spettatori che si accorgono degli atteggiamenti sbagliati dei prepotenti è la chiave per far cambiare atteggiamento ai bulli, oppure per rinforzare i comportamenti sbagliati dello stesso. Ed è per questo che i bambini devono saper stare dalla parte giusta e riconoscere chi sbaglia».
Da cosa trae più ispirazione?
«Sono stata spinta a scrivere questi racconti da tutto ciò che si legge sui giornali e da quello che i miei figli mi raccontano quando tornano a casa da scuola, oggi i casi di bimbi con atteggiamenti sbagliati sono molto più numerosi di una volta. Nell’osservare certi cambiamenti mi sono detta: bisogna far qualcosa per aiutare questi bambini a cambiare prima che diventino grandi e si trasformino in adulti “prevaricatori” (questa è la mia più grossa paura). C’è la necessità di insegnare, oltre alle materie scolastiche, cosa vuol dire mettersi nei panni degli altri e fare in modo che diventino adulti empatici».
È mai stata a sua volta vittima di bullismo?
«Quando ero piccola tra la quinta elementare e la prima media ero un maschiaccio e adoravo mangiare. Ero bella cicciottella, un po’ come la mia “Vera la Mongolfiera“. A scuola mi chiamavano Bombetta Jo (bombetta perché ero grassa – Jo perché ero un maschiaccio). Io come Vera li lasciavo parlare e soffrivo in silenzio, ma sorridevo perché non volevo dargliela vinta. Era più dura per me rinunciare ad un succulento piatto di pasta perché avevo sempre fame. Poi ho abbinato una sana attività sportiva al mio stile di vita e sono diventata una ragazzina alta e snella. Quando da bruco sono diventata farfalla gli stessi bulletti, che prima mi prendevano in giro, mi ronzavano intorno, questa volta per corteggiarmi. Non c’era più “trippa per i gatti” perché i miei amici erano quelli che mi volevano bene e mi vedevano bella anche con qualche chilo di troppo».
I suoi libri sembrano parlare a tutti i bambini: ai i bulli, alle loro vittime, ai genitori e a chi ha difficoltà di lettura. Un modello educativo davvero raro.
«Spero davvero che questi libri possano servire per far riflettere e che il mio progetto possa diventare un modello educativo. I bambini se si comportano male è perché hanno esempi sbagliati, o non hanno regole e insegnamenti corretti. C’è sempre dietro ad un atteggiamento sbagliato di un bambino il comportamento di un adulto, o la mancanza di un insegnamento da parte di un adulto. I miei libri devono essere letti dai bambini insieme agli adulti, perché è proprio l’adulto ad avere il compito di sapere cogliere l’eventuale disagio del bambino, oppure di scoprire di essere lui stesso la causa di un comportamento non corretto del proprio figlio. Anche un adulto ha il dovere di modificarsi se sbaglia. Sono la prima a dire di essere una mamma “imperfetta”, quando sbaglio mi correggo e cerco di rimediare. Questo progetto poi è legato all’inclusione e non ho voluto lasciar fuori nessuno, compresi i bimbi che hanno qualche difficoltà in più con la lettura. Mio figlio piccolo è dislessico e il grande è un border line, so che un carattere può fare la differenza. Un bambino dislessico non ama leggere perché fa molta fatica. Un carattere ad alta leggibilità aiuta molto e invoglia».
Nella sua esperienza, un problema di apprendimento come la dislessia può essere causa di aggressività che sfocia poi in bullismo?
«Un problema di apprendimento come la dislessia se non riconosciuto può far perdere autostima al bambino, può renderlo più nervoso, più irritabile e soprattutto lo allontana dalla voglia di studiare. In alcuni casi può creare anche problemi di salute legati allo stress. Riconoscere questo tipo di problema e trovare le strategie giuste per sopperire a queste difficoltà, sono passaggi fondamentali per far crescere un bimbo sereno. Il bullismo per me è un’altra cosa, è legato ad insegnamenti non corretti, a valori che non sono stati acquisiti e alla mancanza di sensibilità. Mi sono sempre chiesta ma se un bullo si mettesse nei panni di una vittima continuerebbe a fare il bullo? Secondo me no, ed è per questo che dobbiamo insegnare ai bambini sempre a mettersi nei panni degli altri».
Che tipo di feedback riceve dai suoi lettori? Dalle scuole? Dai genitori? Dai figli?
«Non sapevo se questi libri avrebbero colpito l’attenzione dei bambini e degli adulti. Ho utilizzato uno stile particolare, che fa rivedere la stessa scena dal punto di vista dei vari personaggi ed esplicita il loro pensiero. Ho usato un linguaggio non propriamente infantile perché ritengo che un libro per bambini debba arricchire il vocabolario dei più piccoli. Ho introdotto le note finali che svelano “il cosa succede dopo” ai vari protagonisti del racconto (e ho scoperto che ai bambini queste note piacciono davvero tanto!). Avevo bisogno però di testare questi libri nelle scuole anche attraverso la lettura da parte degli insegnanti. E così è stato. Alcune maestre si sono innamorate del mio progetto, dei libri ed hanno deciso di sostenerli. In certe scuole le stesse insegnanti hanno letto i racconti ai bimbi. Sono andata a trovarli in classe dopo che loro avevano lavorato sui libri. Mi hanno accolta come se fossi una star e la domanda più bella che mi hanno fatto è stata “Quando esce il prossimo libro?“. Mi sono emozionata, perché ho capito che li avevo conquistati. Ho poi fatto laboratori di lettura in alcune scuole di Torino ai bambini di terza, quarta e quinta. Nelle scuole di periferia dove le classi sono miste, dove i bimbi provengono da famiglie con situazioni sociali non delle migliori sono uscita dai laboratori arricchita. Le loro reazioni mi hanno fatto pensare che quella era la strada giusta, se ero riuscita a conquistare anche i cosiddetti “bambini difficili” la via era quella. Le maestre poi mi hanno fornito feedback dei bambini entusiasti e curiosi. I bimbi mi hanno fatto avere i loro disegni dei libri e le loro recensioni. Il mio obiettivo è quello che i “Racconti di bambini maleducati” possano venire adottati come strumento nelle scuole e nelle famiglie per prevenire i comportamenti sbagliati. Alcuni genitori mi hanno ringraziata per aver parlato del problema dei bimbi cicciottelli che vengono presi in giro, oppure mi dicono “Finalmente si parla del problema delle parolacce” perché alla fine tutti le dicono, si lamentano, ma nessun fa niente per non dirle più».
Che rapporto hanno i suoi lettori con la dislessia?
«Di bambini che hanno problemi legati alla dislessia ce ne sono sempre di più. Tutto sarebbe più semplice se si utilizzassero a scuola, per tutti i bambini, libri con font ad alta leggibilità per non dover far distinzioni: tu sei dislessico e tu no! I metodi di apprendimento per i bambini dislessici facilitano tutti, non solo i bambini dislessici e allora perché non usarli per tutti? Non sono un’insegnante, ma se lo fossi mi batterei perché fosse così in tutte le scuole. Il mio obiettivo é quello di invogliare alla lettura i dislessici e non farli sentire diversi dagli altri».
Quanti dei suoi lettori sono dislessici?
«Tanti e molti nonni, genitori, insegnanti mi ringraziano per aver pensato a loro. Un font come Easy Reading può fare davvero la differenza».
Chi si occupa delle illustrazioni dei suoi libri?
«Avevo bisogno di un visionario per dar un volto ad una parolaccia e ad un dizionario. Emanuele Mannisi, in arte Orma il viandante, con il suo stile c’è riuscito in pieno perché ha realizzato degli splendidi disegni di Jack. Per “Vera la Mongolfiera” avevo bisogno di un tratto morbido di un disegnatore un po’ nostalgico e Stefano Bonfatti faceva al caso mio. Lui è un ritrattista che ha inventato la tecnica di disegnare i propri ritratti sul legno con la fiamma ossidrica, anche lui non è un illustratore di libri. Dopo avergli commissionato un quadro per il nostro testimone di nozze ho capito che volevo che Vera fosse disegnata da lui. Per “Rino Cazzottino” invece ho giocato in casa con il figlio primogenito di mia cugina Ilaria, per me come una sorella. Pietro Orta, io lo chiamo mio nipote anche se non lo è, ha sedici anni e ha un dono fin da piccolo per la pittura. Quando ha accettato la sfida di farmi i disegni di Rino sono stata felicissima perché l’ho visto nascere e sono contenta se con me potrà fare un po’ di gavetta e magari un giorno diventare un rinomato illustratore. Affiderò a lui anche il quarto libro “Stella, Clemente e la sedia magica” perché vuole sperimentare una nuova tecnica. Per gli altri si vedrà».
Come scegliete i soggetti delle illustrazioni?
«I soggetti li creano gli illustratori in base alla loro immaginazione. A parte il primo libro, dove per me era tutto nuovo, per gli altri ho deciso di dare all’illustratore uno story board delle scene che volevo fossero disegnate, per facilitare i compiti e anche per velocizzare i processi. Per il resto fanno loro».
Come è nato l’interesse per EasyReading? Da un’esigenza contingente legata a un famigliare oppure da un interesse connesso strettamente all’apprendimento?
«Il mio interesse è nato proprio per i miei figli e poi perché volevo che il mio progetto educativo potesse includere tutti, compresi i bambini che hanno difficoltà con il riconoscimento delle lettere. La lettura anche per loro deve essere un piacere e non un incubo. Io non potrei stare senza leggere dei nuovi libri. Quando lo dico al mio piccolo, dislessico, mi prende quasi per pazza e allora per non scoraggiarlo tante volte leggo io ad alta voce per lui. Questo lo faccio per fargli capire quante storie vengono racchiuse dentro ad un libro e che non bisogna mai arrendersi quando ci si trova di fronte a caratteri che non si capiscono. I libri valgono quasi sempre la pena di essere letti».
Di cosa parla il suo ultimo libro Rino Cazzottino?
«Rino Cazzottino è un bambino che ha, fin da piccolo, un fastidioso prurito alle mani che lo porta a tirare cazzotti, sberle e pugni a chiunque capiti a tiro. Saranno le mani stesse di Rino a trovare la soluzione per togliere il “PRURITO CAZZOTTOSO” rivolgendosi al fantastico Albero dei Rimedi. In questo racconto si parla dell’essere maneschi e di cosa provoca questo atteggiamento sbagliato. Meglio usare le mani per creare e non per scazzottare. Il messaggio del libro è un po’ questo. In ogni storia l’elemento magico ha un ruolo molto importante e serve per catturare l’attenzione di un piccolo lettore, se no dopo due pagine si annoierebbero a leggere. Anche se le soluzioni sono espresse in chiave magica portano il bambino a pensare che c’è un modo di cambiare e che si possono trovare soluzioni per modificare i comportamenti».
Ha già in mente altri soggetti per i prossimi libri? Utilizzerà sempre EasyReading?
«Ho un contratto editoriale con la casa editrice Letteratura Alternativa Edizioni per nove libri: il quarto racconto uscirà entro Natale e parlerà di disabilità e di affidamento, poi ci sarà un libro che tratterà il problema delle prese in giro per via di un nome, uno legato alla mancanza dei modi gentili di dire le cose, uno che parlerà delle prese di mira di un bambino egiziano per il colore della sua pelle, un altro sarà incentrato sul comportamento sbagliato di alcune bambine e sarà legato al cyber bullismo. Per finire ci sarà un libro dove il protagonista sarà un nonno che guarderà disarmato la maleducazione dei suoi nipotini e la paragonerà (con i pro e i contro) al rigore dei suoi tempi.
Se userò Easy Reading? Certo che si, per scaramanzia tutte le volte, prima dell’uscita di un libro chiamo il signor Federico Alfonsetti per farmi una chiacchierata con lui, perché i rapporti umani sono sempre al centro di ogni mia scelta. Ho trovato nel creatore di questo font una persona gentile e molto disponibile. Non posso che sostenere l’utilizzo di questo carattere, ormai anche io sono una sua fan».